Sono anni che provo a fare pandoro e panettone.
Ricordo ancora la prima volta che provai a fare il panettone: ero ancora casa dei miei e vi dico solo che vennero fuori dei siluri simili alla torre di Pisa con la consistenza di un biscotto al burro…ne vennero fuori ottime fette biscottate..
Per lunghi anni, poi, i miei tentativi andarono in pensione, francamente non credevo avrei mai riprovato….poi si sa com’è la vita, decide per te e nel mio caso decise che la cucina doveva essere uno dei miei grandi amori….per cui mi ritrovai diversi anni dopo e con una preparazione leggermente diversa (più che altro con una preparazione di un qualche tipo) a riprovare: la prima volta che feci il pandoro venne fuori qualcosa di commestibile, ma non era un pandoro. Tra le altre cose non lo era nemmeno esternamente perché non avendo lo stampo da pandoro usai uno stampo da budino, che somigliava vagamente a quello del pandoro. Ma bastò…fu in quel momento che la mia strada fu segnata: e da allora ad anni alterni ogni anno tocca o al pandoro o al panettone.
Con pasta madre, lievito di birra, ricette di ogni tipo, dai grandi maestri a illustri sconosciuti…lo scorso anno è toccato al panettone (una disfatta completa), quest’anno al pandoro.
Una cosa accomuna però tutti questi miei tentativi: non mi sono mai azzardata a pubblicare uno dei miei tentativi sul blog. Non mi soddisfacevano mai a sufficienza, sapore non abbastanza simile, cupola non pronunciata, bruciacchiato, alveolatura terribile…insomma, uno sfacelo. Quest’anno ho deciso di mettere un po’ di ordine a queste mie sperimentazioni, ricominciando dall’inizio. Quindi un pandoro e un panettone con lievito di birra (il mio lievito madre è in frigo, ma non so se è vivo o morto al momento), una ricetta non troppo difficile e testata, testata da molti, in modo da poter avere riscontri, il più possibile. Alla fine la scelta è caduta su quello di Clara Varriale del blog Pasta, patate e fantasia: per me Clara è una sicurezza, così come è stato per la sua pastiera, anche il pandoro alla fine mi è riuscito (ci sono voluti tre tentativi, ed il terzo è stato quello definitivo, ma si sa…non c’è due senza tre :)), ho calibrato un pochino i tempi delle lievitazioni adattandole all’ambiente di casa mia (un po’ più calda del normale) et voila, il risultato è un buon pandoro, abbastanza semplice da fare per chi ha dimestichezza con certi impasti e soprattutto a prova del giudizio di marito e papà 🙂
Vi lascio i tempi che ha segnato Clara, i miei sarebbero poco indicativi, proprio perché casa mia per come è fatta è molto più calda del normale.
IL PANDORO ricetta di Clara Varriale
Poolish – sera ore 22.00
- 50 gr di farina W 400
- 50 gr di acqua
- 5 gr di lievito di birra
Preparare il poolish unendo farina, acqua e lievito di birra (sciogliere prima il lievito nell’acqua e poi aggiungere la farina) e rimescolando bene. Lasciare in un contenitore chiuso a temperatura ambiente fino a quando non inizia a alzarsi, poi spostarlo in frigorifero. Tirare fuori dal frigo un’ora prima di impastare.
Biga – mattina dopo ore 8.00
- 50 gr di farina 00
- 25 g acqua
- 6 g lievito di birra
Togliere il poolish dal frigo e preparare la biga unendo tutti gli ingredienti, avendo sempre cura di sciogliere il lievito nell’acqua prima di aggiungere al farina. Impastare fino a formare una palla liscia e morbida. Avvolgere in pellicola alimentare e lasciar riposare a temperatura ambiente per circa un’ora.
Impasto
- poolish
- biga
- 300 g farina W400 (io Molino Rossetto)
- 150 g zucchero
- 60 g acqua
- 30 g panna
- 5 tuorli (100 g)
- 250 g burro (io Milbona della Lidl)
- i semini di una bacca di vaniglia
- 6 g di sale
- 25 g di pasta di arancia (ottenuta frullando insieme 100 g di arancia candita, 20 g di miele e 10 g di acqua)
- 20 g di cioccolato bianco
- Per la preparazione dell’impasto io utilizzo la frusta K.
- E’ importante che farina e burro siano quelli “adatti” pena la non riuscita del pandoro. Per la farina ci sono farine apposite, come la Panettone del Mulino Quaglia o la Panettone Z del Mulino Dalla Giovanna, io personalmente ho usato solo la Panettone, e mi sono trovata bene, ma quest’anno non l’avevo ed ho “ripiegato” sulla W400 del Molino Rossetto, ottima anch’essa. Ma il prossimo anno ritornerò alla Panettone, il primo amore non si scorda mai :)))
- Per quel che riguarda il burro meglio prediligere burri non italiani, ma tedeschi o bavaresi, quindi si a burro tipo il Milbona della Lidl, o quello bavarese dell’Eurospin, così come ottimi sono anche il Meggle e il Lurpak (di più facile reperibilità per chi non ha Eurospin o Lidl vicine). E’ importante che l’impasto vada gestito sempre a temperature abbastanza basse, pena il non formarsi della maglia glutinica se l’impasto si scalda troppo: io di solito lavoro a finestre aperte (NDR a dicembre) e forno e fornelli ovviamente spenti. Se l’impasto dovesse “impazzire” (come mi è successo in varie occasioni :)) le strade da seguire sono due (rimettendomi a chi ne sa molto più di me): 1) mettere ciotola con impasto e frusta K in freezer per qualche minuto in modo da raffreddarlo oppure 2) aumentare la velocità d’impasto fino a 3. Non so quale delle due soluzioni vada meglio, so che funzionano tutte e due…quindi utilizzate quella che vi viene meglio a seconda del momento e della situazione, fermo restando che spero non vi serva mai e che l’impasto venga da subito perfetto 🙂
- Cosa significa dire che l’IMPASTO E’ INCORDATO: mi sono imbattuta in questo termine per la prima volta circa quattro anni fa, quando ho cominciato a pensare di fare panettoni e pandori e quindi a informarmi su come si facessero…le informazioni che vi do in seguito sono frutto della mia esperienza e delle ricerche fatte su internet, quindi non prendetele per oro colate e se ci sono imprecisioni fatemelo sapere che correggo e continuo ad imparare 🙂
Per incordatura si intende la creazione della maglia glutinica che consente all’impasto di trattenere al suo interno i liquidi, è quel momento in cui, mentre impasti, l’impasto si stacca dalle pareti della ciotola dell’impastatrice e diventa una massa compatta. Quando si raggiunge quel punto si deve smettere di impastare perché ulteriore energia meccanica rischia di ottenere l’effetto opposto, ossia rompere il glutine già formato, e ritrovarsi con una frittata sul fondo della ciotola (cit. qui)….ma in termini più pratici, quasi visivi, cosa significa? Cosa succede in questa benedetta ciotola dell’impastatrice?? Fondamentalmente l’impasto prende consistenza, arrotolandosi e mantenendo la sua posizione sul gancio o sulla frusta K (dipende da quale state usando) staccandosi dalle pareti della ciotola stessa e “spazzolandole”…inizialmente credevo che si dovesse staccare tutto, anche la parte in fondo, poi ho capito che così non era, ma che un impasto raggiunge una buona incordatura anche se rimane sul fondo della ciotola. Si capisce anche se l’incordatura è stata raggiunta (cioè se l’impasto ha raggiunto la struttura desiderata) con la PROVA DEL VELO. Di cosa si tratta? Questa volta è più semplice…si prende l’impasto tra le dita e si allarga assottigliandolo: l’impasto dovrà essere così elastico da arrivare ad uno spessore quasi inesistente senza strapparsi (si potrà vedere la pelle delle dita attraverso l’impasto teso). L’impasto for dummies si incorda molto più facilmente con la frusta K, i più arditi e preparati usano il gancio 🙂 - la PIRLATURA: questa volta ho trovato una buona fonte sul web per spiegarvi cosa è la pirlatura, ve la copio “para para” e vi allego link 🙂 «La pirlatura (pirla=trottola), si effettua dopo la puntatura e consiste nel far effettuare alla massa già spezzata nelle quantità date, una movimento rotatorio su se stessa con contestuale strofinamento sul piano. Esistono varie tecniche, in base alla formazione dell’operatore ed in base alla consistenza della massa, a tal proposito ci si può aiutare o meno con l’uso di un tarocco da pasticciere.
La pirlatura serve a superare quegli inconvenienti tecnici dati da un impasto molto molle (molto idratato), altrimenti difficile da manipolare, destinato a collassare durante la lievitazione e durante la cottura. La pirlatura infatti serve a conferire ulteriore consistenza e stabilità alla maglia glutinica, ed a creare una sorta di involucro esterno, una sorta di membrana (come un palloncino pieno di acqua) che trattiene al suo interno tutte le sostanze volatili che poi si espanderanno per effetto del calore della cottura. La differenza tra due prodotti di cui uno “puntato e pirlato” ed un altro no, è notevole! Un prodotto correttamente lavorato avrà un maggior sviluppo complessivo par circa al 30% ed una cottura migliore perché una buona alveolatura favorisce la penetrazione omogenea del calore all’interno del prodotto.» (Sinfonie di sapori)
Inserire nella ciotola della planetaria la farina, aggiungere poi il poolish, la biga, l’acqua, lo zucchero, la vaniglia e i tuorli. Impastare a media velocità.
Nel frattempo sciogliere il cioccolato bianco al microonde e mescolarlo con la panna. Aggiungere questo composto all’impasto poco per volta, aspettare sempre che quanto messo sia stato assorbito prima di aggiungerne altro.
Quando l’impasto sarà incordato, aggiungere poco per volta il burro, sempre aspettando che l’impasto lo abbia assorbito prima di aggiungerne altro.
Quando l’impasto sarà nuovamente incordato, spegnere l’impastatrice e asciugarlo facendo una serie di pieghe: nella ciotola prendere un lembo dell’impasto e portarlo al centro sopra se stesso, girare la ciotola di 90° e ripetere l’operazione fino alla fine del giro.
Spostare l’impasto in una ciotola capiente, coprirla e attendere che l’impasto quadruplichi il suo volume. Spostare poi l’impasto in frigo fino al mattino successivo.
(Questa fase mi ha “fregato” per due volte, quindi io ho calcolato i miei tempi in modo di non dover lasciare l’impasto in frigo a riposare una notte intera, se decidete di fare come me, dopo che l’impasto ha quadruplicato di volume, pirlatelo su un piano e proseguite come da ricetta)
La mattina successiva, tirare fuori l’impasto dal frigo, farlo acclimatare e poi rovesciatelo su un piano e pirlatelo. Mettere l’impasto nello stampo imburrato molto bene (burro sciolto e pennello da cucina) e NON infarinato e mettere a lievitare coperto con pellicola per alimenti fino a che non avrà raggiunto il bordo a temperatura non superiore a 26°.
Cuocere a 160° C per circa 40 minuti, per vedere se è cotto fare la prova stecchino oppure misurare la temperatura al cuore che deve essere di 94-96° C.
Lasciar raffreddare nello stampo per almeno 8 ore, quindi toglierlo dallo stampo e conservare in buste per alimenti tipo quelle dei pandori industriali. Si conserva fino a 60 gg se spruzzate un po’ di alcool puro all’interno delle buste prima di chiuderle.
Leonardo says
Salve su questa ricetta sia per polish la biga e l’impasto uso tutta farina panettone quaglia va bene ?
Claudia Primavera says
Ciao Leonardo, si va benissimo. In realtà anche io alle volte uso solo la panettone quaglia 🙂 Buon lavoro!