Lo scorso anno non siamo stati in vacanza. Per molti sarà la normalità (e me ne dispiace) ma noi siamo sempre riusciti a fare la nostra vacanza estiva, risparmiando durante l’anno, scegliendo una meta sicura e veramente (ma veramente) low cost – meta della quale ho abbondantemente parlato qui…la scorsa estate invece non c’è stato modo, il capofamiglia ha iniziato a lavorare il 15 di luglio e come è facile immaginare di ferie non si è proprio parlato, per cui, tranne 4 giorni intorno a ferragosto, abbiamo passato l’estate lui a lavorare, ed io e il figliolo in campagna con i nonni materni, e tutto è stato tranne una vacanza…
Quest’anno però le cose andranno diversamente, dal 9 al 29 agosto il blog (e soprattutto io) andremo in vacanza, ma prima ci siamo voluti concedere un piccolo assaggio di mare, dopo anni che non lo facevamo, e complice un amico del capofamiglia (Fabio), residente ad Ischia, siamo riusciti a prenotare una camera tripla con mezza pensione per il ponte del 2 giugno.
Non conoscevo minimamente Ischia, come non conosco Procida o Capri, e quando siamo partiti pensavo sarebbe stata molto meno “adatta” a me di quanto poi in effetti l’ho trovata. Immaginavo bagni di folla, locali pieni di gente in riva al mare o nelle strade dei centri abitati, che per una persona poco incline ai bagni di folla come me non è proprio l’immagine ideale. Ad Ischia ho trovato quello che mi aspettavo (anche se essendo andati durante i primi giorni di giugno la folla era ovviamente molto ridotta), ma sono stata anche stupita da tutta una parte piuttosto selvaggia e “campagnola” le cui immagini mi tornano ancora alla mente.
Ci siamo imbarcati per Ischia alle 14 di giovedi 1 giugno partendo da Pozzuoli – avevo prenotato il biglietto sul sito della Caremar, spuntando un prezzo di molto inferiore rispetto alle altre compagnie, ed alle 14.30 circa eravamo già sull’isola. L’amico del capofamiglia (che non contento di averci procurato una così buona – ed a prezzo ottimo – sistemazione, si è presentato a prenderci al porto di Ischia con mezzo chilo di mozzarella di bufala) ci ha accompagnato all’hotel, dove siamo stati trattati davvero come ospiti di riguardo.
Dopo una velocissima tappa in hotel, durante la quale ci siamo rinfrescati ed abbiamo passato il tempo a cercare di placare il figliolo che voleva a tutti i costi uscire e/o giocare, siamo usciti e con la macchina abbiamo deciso di fare un giro dell’isola.
Questa è una mia mania, o modo di essere, come preferite. Quando mi trovo in un posto nuovo – soprattutto se il posto nuovo è piuttosto circoscritto, come un’isola appunto – la prima cosa che mi viene spontaneo fare è un rapido giro perlustrativo in modo da avere una “mappa mentale” di tutto quello che si può vedere per poi “approfondire”.
Per cui prendiamo la macchina e ci dirigiamo da Casamicciola Terme – dove era situato il nostro albergo – verso Forio che è il primo centro abitato in cui ci fermiamo. Facciamo una breve passeggiata sotto al sole, e non vi mentirò, ero stata tratta in inganno dalle previsioni del tempo che davano una media di 4-5 gradi in meno rispetto a Roma – mio punto di riferimento climatico. Ho scoperto che le isole hanno un clima tutto loro, a 26 gradi percezione come se ce ne fossero 40 e la notte freddo polare.


Forio ci è sembrata molto simile in alcuni scorci a Parga, una città della Grecia che frequentiamo d’estate: stesso tipo di negozi, stessi prodotti venduti (sapone fatto a mano, prodotti a base di olio d’oliva, spugne di mare, coccetti vari, etc…) e questo mi ha fatto riflettere su come alla fine davvero tutto il mondo è paese. Girovagando per il centro abitato alla ricerca di un posto dove far fare merenda al pargolo (e farla anche noi con la scusa di farla fare a lui), ci siamo imbattuti in un negozio che oltre a vendere prodotti tipici vendeva frutta e verdura fresca molto invitante – girovagando poi per l’isola, ci siamo resi conto che si tratta di un tipo di negozi (dai prezzi ovviamente stellati) che si trovano un po’ dappertutto, aperti anche di domenica e nei giorni di festa. Ne abbiamo anche usufruito un paio di volte, perché il figliolo voleva la frutta ed ovviamente lo abbiamo accontentato, lieti che la preferisse a ben altro tipo di merende.
Ripresa la macchina ci siamo diretti verso Panza, dopo la quale inizia la parte dell’isola un po’ più selvaggia, quella che prima ho definito “campagnola”. Ci ha molto colpito lo stato delle strade, strette e piene di curve ma comunque a doppio senso di circolazione, dove oltre alle automobili, anche i piccoli autobus che garantiscono il trasporto pubblico tra i vari paesi dell’isola, sfrecciano allegramente, rischiando l’incidente più e più volte al giorno e riuscendo a schivarlo ogni volta con successo.
Qualche informazione di tipo pratico sull’isola, la sua forma e le sue dimensioni: l’isola ha la forma approssimativa di un trapezio, è larga 10 km da est a ovest e 7 da nord a sud. Il rilievo più elevato è rappresentato dal monte Epomeo alto 788 mt e situato nel centro dell’isola. L’isola ha natura vulcanica, si tratta in realtà di un vulcano sottomarino sprofondato negli ultimi 100.000 anni, di cui tutta l’isola rappresenta la cima.

Alla fine del giro in macchina (e dopo esser stati leggermente distratti dalla preoccupazione per la mancanza di benzina – perché sembra che tutti i distributori siano concentrati lungo il tratto di strada che dà sul mare per scomparire nella zona “montana”), ci siamo ritrovati a Ischia “città”. Abbiamo lasciato la macchina in un grosso parcheggio in centro e ci siamo diretti verso la strada principale. Si tratta di una cittadina con un centro pedonale pieno di localini dove sedersi e consumare all’aperto, negozi di prodotti tipici, insomma molto carina ma nulla di nuovo, quello che la fa da padrone è l’atmosfera e il panorama, ed i tramonti che sono strepitosi (e – almeno a giugno l’assenza totale di zanzare che è stata molto gradita).

Un piccolo accenno ai prezzi dei prodotti turistici: io li ho trovati piuttosto bassi, mi aspettavo prezzi molto più alti considerando il posto e il fatto che si tratta di un’isola, probabilmente ha aiutato anche il periodo e ad agosto saliranno vertiginosamente, ma io non sarò li per verificare…
Alla fine della passeggiata, piuttosto stanchi e affamati siamo approdati di nuovo a Casamicciola e siamo rientrati in hotel.

Ora permettetemi una parola sui pasti, metterò un inciso ora, e poi non ne parlerò più fino alla cena dell’ultimo giorno prima del rientro a casa: come ho accennato poco sopra avevamo un pacchetto che comprendeva la mezza pensione. La mattina a colazione sul tavolo trovavamo un foglio con i menu di pranzo e cena che comprendevano sempre una scelta tra due o più opzioni; si è sempre trattato di pasti completi (dall’antipasto al dolce), porzioni abbondantissime, materie prime di ottima qualità con una menzione speciale per il pesce e la mozzarella freschissimi.
La mattina dopo, previa abbondante colazione, ci siamo diretti al mare e dopo aver chiesto alla reception indicazioni su quale spiaggia prediligere ci siamo diretti verso la spiaggia di San Montano.


Si tratta di una spiaggia molto raccolta, che si affaccia su una piccola baia circondata da verdi rilievi. Noi ci siamo diretti verso lo stabilimento per usufruire di lettini ed ombrelloni, ma c’è anche una piccola lingua di spiaggia libera. Il costo è tutto sommato piuttosto contenuto trattandosi di una delle spiagge più “in” dell’isola. A pranzo abbiamo mangiato al bar della spiaggia che offre una serie di panini molto varia e particolare in un ambiente molto easy, dal costo, anche questo, contenuto.

Una piccola “chicca”: nello stabilimento c’è la possibilità di far lavare la macchina, per una cifra molto vicina a quella che normalmente si paga qui a Roma, entri con la macchina sporca e polverosa ed esci a fine giornata con una macchina splendente dentro e fuori. Unica controindicazione prima di salire in macchina ci si deve liberare di ogni granello di sabbia, altrimenti le reazioni del capofamiglia potrebbero essere spiacevoli.
Nel primo pomeriggio il tempo si è guastato e non ci è rimasto niente da fare se non prendere le nostre cose e tornarcene in albergo, dove tra docce e riposini vari si sono fatte le cinque di pomeriggio. Abbiamo deciso di uscire e di tornare a Ischia per far fare una piccola merenda al figliolo e provare così lo street food dell’area napoletana. Abbiamo ripreso quindi la macchina e dopo aver parcheggiato nel solito parcheggio ci siamo diretti a piedi verso la zona pedonale, dove abbiamo adocchiato un localino al cui esterno troneggiava il tipico espositore nel quale vendono pizze, frittatine, pizze fritte, calzoncelli etc… abbiamo mangiato un’ottima pizza margherita, proprio come la immaginavo, dai bordi alti e morbidi e dal fondo basso, condita con un ottimo pomodoro e una mozzarella – credo di bufala – da svenimento. Mentre eravamo impegnati nella degustazione della nostra pizza ci è arrivata la chiamata di Fabio, l’amico del capofamiglia, con il quale ci siamo incontrati per prendere un aperitivo alla fine del quale ci siamo salutati e siamo tornati in albergo.
La mattina dopo, riposati e rifocillati ci siamo diretti verso il mare. Questa volta abbiamo optato per una mezza giornata in spiaggia, seguita da pranzo in albergo e riposino per il pargolo (e noi) in modo che riuscisse a rimanere sveglio la sera durante la cena che avevamo deciso di consumare fuori.
Avendo solo due giorni a disposizione abbiamo deciso di cambiare zona e di esplorare un’altra spiaggia: il mare era sempre bellissimo, ma la sistemazione decisamente meno comoda e funzionale per chi ha bambini. Eravamo in seconda fila e le file erano molto arretrate rispetto alla battigia, per cui ci siamo dovuti alternare vicino al figliolo che (ovviamente) ha passato tutto il tempo a fare buche e castelli di sabbia in riva al mare.
Siamo rientrati in albergo e dopo il pranzo e un corroborante riposino abbiamo deciso di uscire per godere di quella parte di isola che avevamo visto di sfuggita dalla macchina durante il giro fatto il pomeriggio dell’arrivo: ci siamo quindi diretti verso Barano d’Ischia, indicativamente dalla parte opposta dell’isola rispetto a noi.
Ci siamo fermati a Forio (dove abbiamo visto la chiesa di San Leonardo) per una veloce merenda improvvisata e siamo “incappati” in un bar-pasticceria che sembrava più un emporio che altro, dove abbiamo assaggiato dei biscotti secchi buonissimi fatti con farina di mandorle, pistacchi e nocciole tipici dell’isola. Ripresa la macchina ci siamo diretti verso Barano d’Ischia, dove abbiamo lasciato che il pargolo avesse qualche momento per se nell’area giochi del paese, e li ho avuto un’altra delle molteplici sorprese di questo lungo week end: all’interno dell’area giochi c’erano delle aiuole composte da un limone, piante di rosmarino, salvia e fragoline di bosco con i frutti maturi ancora sulla pianta.

Guardando il pargolo giocare sullo scivolo ci siamo resi conto che si era quasi fatta ora di cena e da Barano abbiamo deciso di andare direttamente a cena. Per cena ci siamo fatti suggerire un ristorante da Fabio (l’amico del capofamiglia), e da amanti della carne quali siamo – ed avendo consumato praticamente sempre pesce negli altri pasti – siamo stati indirizzati al ristorante Il Focolare, a Casamicciola Terme.
Ci siamo trovati, alla fine di una serie quasi infinita di curve, in un ambiente quasi montano che prospettava su un panorama mozzafiato; il ristorante è composto da uno stanzone con ad una delle estremità il focolare che gli dà il nome. La gestione è familiare e l’offerta ottima e abbondante. Abbiamo iniziato con un antipasto composto da una vellutata di patate con funghi porcini, parmigiana di melanzane (immancabile) e un mix offerto dalla casa di piccoli bocconcini deliziosi, tra cui uno spiedino di spaghetti fritti che era la fine del mondo. Abbiamo poi proseguito con i soli secondi: per il capofamiglia una tagliata con l’osso servita al tavolo (nel senso che hanno portato la pietra ollare rovente al tavolo e l’abbiamo cotta sul momento) e per me polpette di maiale croccanti con riduzione di vino rosso. Per il bimbo salsicce alla brace con patate fritte (patate vere) che non ha finito perché si è addormentato (sigh). Per terminare abbiamo preso tutti e due una creme brulee che a dire il vero non mi ha soddisfatta (non si può avere tutto dalla vita). Il tutto accompagnato da un ottimo vino locale.



Si tratta di un ristorante non economico, ma eravamo in vacanza e per quello che abbiamo mangiato e per la location (mi sento molto Alessandro Borghese in questo momento :D) sono stati soldi spesi più che bene: un buon rapporto qualità-prezzo.
Abbiamo concluso così la nostra vacanza. La mattina dopo alle 8.30 abbiamo preso il traghetto per tornare a Pozzuoli: ho iniziato benissimo la giornata rovesciandomi il caffè bollente (meno male che era un espresso) addosso – sporcando in minima parte anche il coniuge che per tutta la giornata me l’ha rinfacciato, ma questa è un’altra storia. Di questa vacanza mi rimane un bellissimo ricordo e gli occhi pieni del verde delle sue piante, dei toni vivi dei suoi fiori, del celeste del cielo che si fonde con l’azzurro/blu del mare. Mi rimangono l’arancio dei tramonti, le strade strette e la paura di incappare in autisti spericolati. Mi rimane l’accoglienza della gente del posto, i profumi della cucina napoletana, il suono musicale del loro dialetto.

Ho riportato con me quattro grandi limoni non trattati con i quali ho preparato questa buonissima marmellata, ed oggi, ogni volta che ne mangio un po’ spalmata sul pane ci sento il sapore del sole.
Porzioni |
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- 4 limoni
- zucchero semolato tanto peso quanto il peso della polpa di limoni
Ingredienti
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- Lavate tutti i limoni e tuffateli in una pentola con acqua bollente.
- Lasciateli cuocere per venti minuti al termine dei quali, scolateli, cambiate l'acqua portatela di nuovo ad ebollizione e tuffatevi nuovamente i limoni.
- Fate cuocere per altri venti minuti, al termine dei quali cambiate nuovamente l'acqua e portate nuovamente ad ebollizione.
- Cuocere i limoni per altri venti minuti. Al termine di questa ulteriore cottura scolate i limoni e tenete l'acqua da parte.
- Tagliate i limoni a pezzetti, togliete i semi e passate i limoni con il passaverdure. Mettete il pure di limone che avrete ottenuto in una casseruola ed unire lo stesso peso in zucchero semolato (tanto peso di purè di limone=tanto peso di zucchero) e qualche cucchiaio di acqua di cottura che avrete tenuto da parte (non molta altrimenti non la marmellata non si addenserà mai.
- Lasciate cuocere fino a quando la marmellata non avrà raggiunto la giusta densità - fate la prova del piattino.
- Una volta pronta invasate la marmellata ancora bollente nei vasetti sterilizzati, chiudere immediatamente e capovolgere il vasetto. Mantenere così fino al completo raffreddamento. Conservare in luogo fresco e asciutto e una volta aperto in frigorifero.
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